Gianguir, Venezia, Marciana, autografo

 ATTO SECONDO
 
 Gabinetto ornato di gran vasi e d’altre porcellane vagamente dipinte, con due porte che corrispondono ad altri appartamenti.
 
 SCENA PRIMA
 
 ZAMA e ASAF
 
 ASAF
 Nostro è ’l trionfo. Il nuovo eccesso or tutte
 arma nel padre le vendette e l’ire.
 ZAMA
 Io più ne temo. Intorno ad Agra immense
330schiere stan per Cosrovio. Ah! S’ei le muove!
 ASAF
 Trar da la reggia il passo a lui si vieta.
 ZAMA
 Ben tosto ire di padre amor disarma.
 ASAF
 E gelosie di re ragion sostiene.
 ZAMA
 D’ogni evento sinistro in noi cadrebbe
335il pubblico livor, scoglio ove suole
 romper grandezza e naufragar fortuna.
 ASAF
 Sdegna tanti riguardi una gran sorte.
 ZAMA
 Vuoi ch’io consigli un parricidio? Il grado
 virtù mi diede. Ella mel serbi ancora.
 ASAF
340Si dee pronto riparo a male estremo.
 ZAMA
 Violento? Il detesto.
 ASAF
                                       Usa il più mite.
 Sei madre a degna figlia. Ella si unisca
 a Cosrovio in consorte.
 ZAMA
 Deh! Lo potessi.
 ASAF
                                 Il regio assenso hai certo.
 ZAMA
345Ma Cosrovio opporrà sprezzi e ripulse.
 ASAF
 Non oserà, scorgendo ch’or suo periglio ei scorge.
 ZAMA
 Altro de’ regi figli a lei sia sposo.
 ASAF
 Tua figlia in altro letto
 vivria sempre vassalla e sempre in lutto.
350I fratelli di un re son qui le prime
 vittime del suo impero.
 ZAMA
 Materno amor, qualcuno già mi balzi in petto!
 ASAF
 Tentar che nuoce? E non tentar che giova?
 ZAMA
 Hai vinto, Asaf, hai vinto. Un van timore
355non contenda a la figlia il grado eccelso,
 cui la chiama il suo fato... E s’ei persiste?
 ASAF
 Ostinato si perde e senza nostra
 colpa si perde. Al re non mancan figli
 né a Miraca consorti. Ardisci e spera.
360Nieghi Cosrovio o assenta,
 il suo voto e ’l suo orgoglio
 del par ne giova. Avrà tua figlia il soglio.
 ZAMA
 
    Non deggio lusingarmi;
 né voglio disperar.
 
365   Di credula speranza
 costume è l’ingannar;
 
    e vanto è di costanza
 cos’ardue superar.
 
 SCENA II
 
 ASAF, SEMIRA e JASINGO
 
 SEMIRA
 Cieco furor! Principe incauto! (Tra sé)
 JASINGO
                                                          Taci; (Piano a Semira)
370e te pur non tradisca un dolor cieco.
 ASAF
 Alinda a me sì mesta,
 quand’io sì lieto a lei? Di’, che ti turba?
 SEMIRA
 Del passato conflitto ancor mi preme
 entro l’alma l’orror.
 ASAF
                                      Per me temesti?
375Cari perigli miei con tal mercede!
 JASINGO
 (Sorte, che si desia, facil si crede).
 SEMIRA
 Di quell’ire mal nate al primo lampo
 sbigottì la mia pace
 e ogni colpo scendea sovra il mio core.
 ASAF
380O gioie! O dolci accenti!
 JASINGO
 (Sdegno in lei parla; ed ei sel finge amore).
 ASAF
 Rasserenati, o cara.
 Pende sul capo a l’offensor nemico
 la vendetta real. Le vie son chiuse
385tutte al suo scampo; e chi fuggir nol puote
 già sente il suo gastigo.
 SEMIRA
                                             E contra un figlio
 vorrà un padre infierir?
 ASAF
                                               Sì, s’ei la destra
 ricuserà di mia nipote al nodo.
 SEMIRA
 (Misera me!)
 ASAF
                            Qual nuovo duol ti opprime?
 SEMIRA
390D’incerto ben poco si appaga un’alma.
 Dubbio del re, dubbio del prence è ’l voto.
 ASAF
 Quello otterran de la regina i prieghi.
 Questo del padre espugneran le leggi.
 SEMIRA
 Tutto esser può; ma a l’imeneo ben chiare
395non anche ardon le faci.
 ASAF
 E quando in pura luce
 scintillar le vedrai?
 SEMIRA
 (Per quest’alma saran tede lugubri).
 ASAF
 Labbro vezzosooso, alor che mi dirai?
 
400   Mi dirai:«Spera»?
 «Non, non mi basta»
 risp risponderò.
 Mi dirai: «T’amo»?
 Ti crederò.
 
405   Se alor giurarmi
 potrà il tuo core
 costante amore,
 or consolarmi,
 col dir d’amarmi,
410perché non può?
 
 SCENA III
 
 SEMIRA e JASINGO
 
 SEMIRA
 Jasingo, ecco ove vanno
 a finir le vendette e le speranze.
 JASINGO
 Prima del tempo oltre il dover ti affligi.
 SEMIRA
 Ceppi a Cosrovio o nozze.
415Ahimè! Ceda o resista, io l’ho perduto.
 JASINGO
 Già intrepido il vantasti; ed or ne temi.
 SEMIRA
 Meno forte il vorrei, che resistenza
 potria costargli e libertade e peggio.
 JASINGO
 Pieghisi dunque al rio destin che il preme.
 SEMIRA
420E che sposi Miraca?
 No no, fingesse ancor; per un momento
 né men lo vo’ spergiuro. Entro il mio seno
 chiudo furie abbastanza,
 senzaché gelosia v’entri a stracciarlo.
425Pria ceppi e mor... Ah! Dove son? Che parlo?
 JASINGO
 Getti il tempo in querele e ’l rischio è presso.
 SEMIRA
 Sì. Va’. Del mio Cosrovio
 corri su l’orme. Lo ritrova. Digli...
 JASINGO
 Che mai?
 SEMIRA
                     Che al suo destino...
 JASINGO
430Codardo...
 SEMIRA
                      Non si renda.
 JASINGO
 Feroce...
 SEMIRA
                   Non si opponga.
 JASINGO
 Che un rifiuto...
 SEMIRA
                                È sua morte.
 JASINGO
 Che un assenso...
 SEMIRA
                                  È mia offesa.
 JASINGO
 In vari affetti a te contraria, or questo
435volendo, or quel, nulla risolvi.
 SEMIRA
                                                        O dio!
 Risolver? Che? Se non lo so pur io.
 
    Vanne... Sì... Di’ al mio diletto...
 che il suo rischio... che il mio affetto...
 che di me... che di sé stesso...
440Ah! Che in tanto martir non ho consiglio.
 
    Non lusinghi. Non irriti.
 Non ricusi. Non prometta.
 Non obblii la mia vendetta.
 Non trascuri il suo periglio.
 
 SCENA IV
 
 JASINGO, poI GIANGUIR e MAHOBET
 
 JASINGO
445Fan cento affetti di quel cor governo...
 Odo il sultan. Qui intanto
 non visto osserverò. Da re turbato
 buon consiglio è star lungi. (Si ritira)
 GIANGUIR
 Da un imeneo, che unisca
450l’alme discordi, a me qual scorno o danno?
 MAHOBET
 L’un nel rifiuto e l’altro nel contrasto.
 GIANGUIR
 Siegua che vuol; di mia parola attende
 la regina gli effetti.
 MAHOBET
 D’altro tuo figlio l’imeneo potrebbe...
 GIANGUIR
455Zama il ricusa e vuole in un g
 in un genero un re. Con altre nozze
 a nuove gelosie via si aprirebbe.
 Queste promisi e queste adempieransi.
 MAHOBET
 Sperar nol so. L’alma real, che sente
460d’esser nata a regnar, da sé rigetta
 ciò che giogo le sembra. Usando forza,
 più si esacerba.
 GIANGUIR
                                Eh! Sbigottiscon questi
 fervidi geni a fronte del gastigo.
 Qui Cosrovio verrà. Cauto nel rischio,
465per fuggir pena accetterà la legge.
 Se la rifiuta, e ferrei ceppi e scuro
 carcere incontrerà. Da questa soglia
 passar non può che a la prigione o a l’ara.
 Il varco occupan l’armi e dato è ’l cenno.
 MAHOBET
470Signor, dei mali, ove te stesso e ’l regno
 sei vicino a gittar, tar tardo potresti
 sentirne il pentimento. Aman Cosrovio
 il popolo e i soldati. Io stesso...
 GIANGUIR
                                                         Intendo.
 Se mai figlio rubello
475giugne a scuoter il giogo e a prender l’armi,
 te può contar fra’ suoi nemici il padre.
 MAHOBET
 De la mia fede egli è sì chiaro il lume
 ch’ombra nol può coprir. So quanto esige
 dover, quanto amicizia; e questo ferro
480combatte fellonia, non la protegge.
 Nel figlio il reo non sosterrò; ma oppresso,
 vuol ragion ch’io ’l sostenga difenda
 contro ogni forza e col mio sangue istesso.
 
    E di amico e di vassallo
485io le parti adempierò;
 né ’l dover mai svenerò
 su l’altar de l’amistà.
 
    Ma lasciar che a regio erede
 prema il collo orgoglio e sdegno,
490nol sopporta amica fede
 né ’l sostien giusta pietà.
 
 SCENA V
 
 GIANGUIR e poi COSROVIO
 
 GIANGUIR
 (Venga Cosrovio. Affetti, a qual di voi
 abbandono me stesso?) (In atto pensoso)
 COSROVIO
 (Chiudansi l’ire in petto. Assai già nocque
495un soverchio furor. Cedasi al tempo).
 GIANGUIR
 (La grand’arte del regno è ’l saper fingere).
 Più che al tuo re, vieni al tuo padre, o figlio.
 Se il saper d’esser reo ti dà spavento,
 col pensar d’esser figlio a te fa’ core.
500Supplisce al tuo difetto
 la mia bontà. Scordo le offese; e taccio
 il governo lasciato e l’armi mosse
 e gli odi audaci e i violati imperi;
 colpe tutte che in altro
 re, che padre non fosse o fosse padre
 meno indulgente, avrien già oppressa e spenta
 ogni d’amor scintilla
 cuopra le andate cose eterno obblio;
505e su bilancia di sincero affetto
 sol l’avvenir pesi il tuo core e ’l mio.
 COSROVIO
 Ove adombra sospetto,
 non mai splende seren di vera pace.
 Tu reo me credi, io te ingannato. In tanta
510diffidenza l’un l’altro, e come amarci?
 O lasciami il timor del tuo disdegno
 o credimi, qual son, figlio innocente.
 Re, non tutte le voci,
 che in sembianza di colpe a’ piè del trono
515giungono, colpe sono.
 Le contamina spesso invidia o fama.
 Se il governo lasciai, se numerose
 schiere raccolsi e qui le trassi amiche,
 zelo mi spinse in tuo rinforzo. Io l’armi
520temea de’ Persi e la mutabil guerra.
 Qual altro è ’l mio delitto? Ira e trasporto?
 Impeto fu di generoso ardore.
 Un Asaf avversario a me fea torto;
 e in cimento anche finto,
525non mi soffersi soprafatto e vinto.
 GIANGUIR
 Cedo. Vuoi più? D’ingiusti
 condanno i miei sospetti;
 e innocente ti abbraccio.
 COSROVIO
 (Insidioso laccio!)
 GIANGUIR
530E perché non sia rotto un sì bel nodo
 da privato rancor, ne sia la figlia
 di Zama arra sicura e stabil pegno.
 COSROVIO
 Come?
 GIANGUIR
                 Nel suo imeneo gli odi abbian fine.
 COSROVIO
 E dei Mogoli e di Timur al sangue
535darà gli eredi ella, d’uom vil germoglio?
 GIANGUIR
 E di colei che di Gianguir è sposa.
 COSROVIO
 Ma...
 GIANGUIR
             Resister è van. Comando e voglio.
 COSROVIO
 (Al generoso il simular che pena!)
 Ove un padre, ove un re comanda e vuole,
540non altro che ubbidir resta ad un figlio.
 GIANGUIR
 Di lodevole ossequio util consiglio.
 
 SCENA VI
 
 ASAF e i suddetti
 
 GIANGUIR
 Vieni, Asaf. In Cosrovio eccoti il degno
 sposo di tua nipote.
 ASAF
 Signore...
 GIANGUIR
                     A lui di tanto
545onor grazie qui rendi. Io vo a recarne
 a la madre sultana il lieto avviso.
 
    Tra’ miei più cari
 fede verace,
 costante pace
550regnar vedrò.
 Nozze mai non segnò più fauste amore.
 
    Non l’odio atroce,
 non il feroce
 sospetto bieco sospetto
555ne fremerà;
 ma da noi fuggirà sdegno e livore.
 
 SCENA VII
 
 COSROVIO e ASAF
 
 COSROVIO
 Siam soli, Asaf. Or senti. Al regio impero
 mi fu d’uopo ubbidir. Forzai mie me stesso;
 e feci il mio dover. Siegui il mio esempio.
 ASAF
560So qual l’obbligo sia de la mia fede.
 COSROVIO
 Poiché lo sai, riedi al sultano; e ’l nodo,
 cui da sedotto e’ m’astrinse,
 sciogli tu stesso.
 ASAF
                                Io?
 COSROVIO
                                         Sì. Scioglier tu ’l dei,
 che a tuo vantaggio il seduttor ne sei.
 ASAF
565Il voler di Gianguir legge è a sé stesso.
 COSROVIO
 E quello di Cosrovio a te sia legge.
 ASAF
 Fasto non ho sì ardito...
 COSROVIO
                                             In te col fasto
 temerario è l’amor. Tu mio rivale...
 Basta. L’error correggi; e ’l re mi lasci
570in piena libertà sovra il mio core.
 ASAF
 In tuo arbitrio poc’anzi era il rifiuto.
 COSROVIO
 Il rifiuto costarmi
 dovea la libertà ma più che al danno,
 volli sottrarmi a l’onta de l’insulto.
 ASAF
575Vorrei...
 COSROVIO
                   Già dissi; e se forzarmi ancora
 s’insista a un imeneo ch’odio e detesto,
 tu di tanta insolenza
 mi pagherai con la tua vita il fio;
 né ’l re ti salverà dal dal braccio mio.
 ASAF
580Ubbidirò. (Ma de l’oltraggio atroce
 vendiche vendicar mi saprà silenzio e voce).
 
 SCENA VIII
 
 COSROVIO
 
 COSROVIO
 Tolgami ad altro inciampo
 sollecita partenza; e con Alinda
 l’amor mi siegua e la vittoria al campo.
 
585   Parmi sentir la bella
 bocca, mia guida e stella,
 dirmi tutt’amorosa:
 «Andiamo, o caro».
 
    Premio di mia vittoria
590saran diadema e sposa;
 e già per man di gloria,
 serto di lauri e mirti
 al crin preparo.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 Ballo di pagodi e di indiani artefici di porcellane.